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Il culto dei luoghi in-culti

Un festival per guarire la ferita delle acque della Bassa Padovana

12/9/2021

 
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Il Mattino di Padova, 11 luglio 2021

Si è chiusa qualche settimana fa la quinta edizione del “Festival delle Basse”, una tre giorni di eventi che definire una “manifestazione culturale” è riduttivo. Il Festival delle Basse, infatti, è molto, molto di più.
Primo. Perché è l’unico Festival che rimette al centro la Bassa Padovana nella sua interezza. Intendo dire quei luoghi magnificamente ritratti dalla carta catastale di metà Cinquecento conservata al Museo Camillo Corrain di Stanghella e che la Serenissima non lesinava a definire in-culti. Il Festival, col livello dei suoi numerosissimi artisti, ha riabilitato la Bassa da quella sorta di indelebile, scomoda etichetta.
Secondo. Perché punta alla bellezza. Quella tipica, nostra, che sopravvive lungo gli argini, i canali, di fronte alle macchine idrovore, presso chiesette o ville semidisperse e misconosciute.
Terzo. Perché attraverso la formula itinerante – scelta in quest’ultima edizione – ha lavorato in maniera diffusa, partecipata, incentivando la costruzione di un’importantissima rete di luoghi e persone. Un valore alto, inedito per il nostro territorio, il cui conseguimento – niente affatto scontato – passa anche attraverso numerose rinunce a certi protagonismi da parte dei singoli. Grazie, quindi, a questo Festival e a tutti coloro che continuano a renderlo una realtà.
Ma il Festival quest’anno va ringraziato anche per essere stato (inconsapevolmente, magari) la cartina tornasole di una forte contraddizione, anch’essa tipica del territorio. Esplosa nel momento in cui il Festival – giustamente – ha scelto l’acqua quale filo conduttore del proprio itinerario.
Quei coloratissimi pesci, disegnati dalla mano artistica di Mirko Artuso e che dagli esordi del Festival ne costituiscono l’immancabile logo, sono ahinoi gli stessi pesci che – nella disincantata realtà dei fiumi, fossi e canali – il Presidente della Regione Veneto ha vietato di consumare a causa delle sostanze inquinanti chiamate PFAS. (Il divieto di consumo del pesce pescato vige tuttora su sei dei dieci comuni che il Festival l’hanno ospitato).
Ancora. La falda che scorre nel sottosuolo è la stessa per la quale il 1 luglio a Vicenza si è aperto il maxi processo per il più grande disastro ambientale d’Europa.
Infine, è sempre il bacino del fiume Fratta Gorzone, contaminato dal tubo che a Cologna Veneta, per volontà della Regione, continua a scaricare i reflui del distretto conciario di Chiampo Arzignano, a fornire l’acqua agli agricoltori i cui prodotti sono stati eletti dal Festival a “straordinario patrimonio di tipicità e qualità”.
Verrebbe da dire che non è vero. Che è tutto falso. Che questa enorme ferita non c’è.
 
Eppure, è proprio la cultura che dovrebbe darci una mano per cominciare a guardarla, questa ferita. Superando il male e la paura che fa. In che modo? Paradossalmente è proprio il Festival delle Basse a indicarci la direzione: lavorando in modo diffuso, partecipato, rafforzando la rete degli abitanti radicati e non disposti a s-radicarsi. Ma anche (questo dovrebbe costituire un impegno) investendo in formazione. Servono strumenti di conoscenza e comprensione, un programma di supporto a quei comuni, a quei cittadini, a quelle aziende (in primis gli agricoltori) che desiderano essere riabilitati nelle proprie capacità decisionali, nell’essere propulsori di una propria iniziativa che curi le ferite che abbiamo.
Oggi le acque della Bassa Padovana sono ostaggio di un Accordo di Programma sottoscritto da 31 soggetti tra enti pubblici e rappresentanti del distretto conciario volto a salvaguardare gli interessi di quest’ultimi piuttosto che al risanamento del Fratta Gorzone. Riscrivere il testo di quell’Accordo, esserne noi stessi gli autori per rimettere al centro la Bassa quale area storicamente violata (e perciò non ulteriormente violabile) è il primo passo per guardare a quella ferita e iniziare a curarla. E’ un percorso tutto da creare, una sorta di festival da celebrarsi tutti i giorni dell’anno, con un ruolo diverso da quello di spettatori.

© 2015 – Il culto dei luoghi in-culti - www.alessandrotasinato.com

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